Patologie benigne

CISTI SPLENICHE

Sono alterazioni della milza che possono portare a sanguinamento e infezioni; si possono dividere in tre tipi:

  • Cisti congenite: cisti presenti nell’organo sin dalla nascita, non hanno una causa ben definita e sono asintomatiche
  • Pseudocisti: sono simili alle cisti ma non hanno una parete ben definita e sono causate di solito da un trauma della milza con un sanguinamento che si è “autocontenuto” nei pressi dell’organo
  • Cisti da Echinococco: sono causate da un parassita che si contrae mangiando cibi contaminati da feci di animali da fattoria o più raramente domestici con questa parassitosi; sono quelle più pericolose in quanto si possono sovrainfettare, possono sanguinare e possono anche rompersi (situazione molto pericolosa che può portare ad uno shock anafilattico dovuto al rilascio dei parassiti contenuti nella cisti nell’organismo)

Le cisti spleniche, di solito, sono asintomatiche, tuttavia possono portare vari sintomi, dal semplice “effetto massa” (la splenomegalia comprime gli altri organi addominali, causando senso di pesantezza e/o dolore) all’infezione e al sanguinamento.

La diagnosi viene fatta, spesso, casualmente mediante un’ecografia addominale di controllo o eseguita per il dolore o la sensazione di peso al fianco sinistro. Anche la tomografia computerizzata (TCe la risonanza magnetica (RMN) possono aiutare nella diagnosi, anche se più spesso vengono richieste dai medici di medicina generale o dai medici specialisti per un migliore studio della patologia.

Nel caso delle cisti da Echinococco, la diagnosi differenziale con una cisti semplice (congenita o pseudocisti) può essere adiuvata dalla ricerca degli anticorpi anti-Echinococco che, se positivi in presenza di una cisti della milza, fanno propendere per una cisti dovuta a questo parassita.

La terapia della cisti splenica dipende dalla sua causa. Per le cisti congenite e per le pseudocisti il trattamento può essere 1) conservativo e, in questi casi, si può solo controllare il comportamento della cisti nel tempo per vedere se aumenta di dimensioni o compaiono sintomi (il cosiddetto follow-upoppure si può procedere all’alcolizzazione andando, sotto guida radiologica, a pungere la cisti aspirandone il contenuto liquido (che poi verrà analizzato) e iniettarvi successivamente una soluzione alcolica che causa una reazione infiammatoria rendendo rigide le pareti della cisti e “pietrificandole”, oppure 2) interventistico e, in questi casi, che si verifica più frequentemente in presenza di sintomi e/o complicanze, procedere all’intervento chirurgico con asportazione totale o parziale della milza detta splenectomia. Nel caso della cisti da Echinococco, prima dell’intervento, è necessario eseguire una terapia anti-parassiataria a domicilio con un farmaco, l’albendazolo, per almeno 1 settimana, per prevenire lo shock anafilattico che potrebbe verificarsi in caso di rottura (prima o durante l’intervento) della cisti stessa. La terapia andrà continuata per almeno 1 mese dopo l’intervento, mentre, qualora si decida di non sottoporsi all’intervento chirurgico, dovrà essere eseguita per un minimo di 3 mesi a dose massima.

La splenectomia parziale, sebbene presenti ancora alcune indicazioni, è attualmente in disuso, per il suo più elevato rischio intraoperatorio e postoperatorio (sanguinamenti), a favore della splenectomia totale, intervento che, di suo, non determina alterazioni nello stile di vite del paziente; tuttavia, data la funzione immunologica della milza, soprattutto nei confronti delle infezioni dovute a batteri capsulati, è fortemente consigliata, entro due settimane dall’intervento, l’esecuzione dei vaccini contro lo Streptococcus Pneumoniael’Haemophilus Influenzae e la Neisseria Meningitidis.

 

MALATTIE EMATOLOGICHE BENIGNE

Si tratta di affezioni benigne dovute ad alterazioni delle cellule del sangue, come le anemie emolitiche, le porpore trombocitopeniche e gli ipersplenismi. Queste patologie si manifestano spesso fin dall’infanzia con malformazioni ossee, trombosi vascolari diffuse ed emorragie, spesso associate a infezioni delle vie aeree e gastrointestinali, febbre e malassorbimento.

La diagnosi è clinico-laboratoristica e si basa sulla valutazione dello striscio di sangue e dell’emocromo.

La terapia in alcune di queste patologie (tra cui l’uso di trasfusioni di sangue) serve principalmente a trattare i sintomi e a ridurne la frequenza; solo in alcune la terapia farmacologica è sufficiente a risolvere del tutto il quadro. A questo scopo è indicato in molte di queste patologie l’esecuzione della splenectomia totale a causa della funzione emocateretica della milza; rimuovendo l’organo, infatti, si riduce l’eliminazione delle cellule del sangue e vengono meno le alterazioni responsabili della sintomatologia.

 

MALATTIE INFETTIVE E ASCESSI

La milza può essere sede di ascessi e infezioni primitivi, rari e dovuti a sepsi e immunodepressione, o secondari, dovuti a microrganismi che dalla sede dell’infezione possono colonizzare anche la milza per via ematica, soprattutto se in presenza di ematomi o cisti già presenti.

La più frequente infezione responsabile di splenomegalia a livello mondiale è la malaria, ma, alle nostre latitudini, di gran lunga è la mononucleosi. Sono tante altre, tuttavia, le cause di splenomegalie infette; batteri, virus, funghi e parassiti possono compiere parte del loro ciclo vitale all’interno della milza.

La diagnosi è clinico-laboratoristica e si basa sulla presenza di sintomi (variabili da infezione ad infezione) e sul ritrovamento del microrganismo responsabile o degli anticorpi formatisi come risposta del sistema immunitario.

La radiologia permette di confermare, di solito mediante una semplice ecografia addominale, il reperto clinico della splenomegalia. La tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RMN) possono aiutare ad individuare ascessi multipli più complessi ed estesi e a programmare l’intervento chirurgico.

La terapia dipende dall’agente patogeno; tuttavia, in alcuni casi, può essere indicata la splenectomia per ridurre l’effetto massa sugli altri organi addominali responsabile del peggioramento della sintomatologia.

 

INFARTO SPLENICO E ANEURISMA DELL’ARTERIA SPLENICA

La milza, come gli altri organi, può andare incontro ad una condizione di infarto, dovuta ad occlusione dei vasi arteriosi responsabili del suo nutrimento secondaria a embolia, compressione, pancreatiti e splenomegalie neoplastiche.

L’incidenza di questa condizione è molto più bassa rispetto a quella che colpisce altri organi come il cuore o il cervello e la rilevanza clinica varia da forme paucisintomatiche a quadri di addome acuto caratterizzati da dolore all’ipocondrio/fianco sinistro, febbre e splenomegalia. I casi asintomatici, tuttavia, possono essere gravati da elevata mortalità, qualora l’infarto splenico si accompagni ad infarto successivo di altri organi (evenienza non rara).

La diagnosi precoce, effettuata mediante ecografia addominale, risulta indispensabile per evitare conseguenze potenzialmente fatali e intervenire al meglio.

Se il trattamento medico con anticoagulanti non riesce a risolvere il quadro si deve ricorrere alla rimozione chirurgica.

Un’altra condizione patologica, ancora più rara dell’infarto, ma potenzialmente responsabile delle stesse conseguenze pericolose, è l’aneurisma dell’arteria splenica.

L’aneurisma è la dilatazione patologica di una parte della parete di un vaso arterioso; tale dilatazione, oltre a poter causare compressione su altri organi e strutture (determinando sintomi variabili) rende il vaso molto più fragile e tendente al sanguinamento spontaneo, potendo causare una emorragia intraddominale.

La causa di un aneurisma dell’arteria splenica è da correlare ad arteriosclerosi, ipoplasia congenita (ovvero la presenza di una milza più piccola del normale e meno funzionante fin dalla nascita), traumi o infiammazioni croniche.

Produce dolore epigastrico o splenomegalia. Può andare incontro a rottura o creazione di fistole arterovenose (comunicazioni anomale tra arterie e vene vicine che causano alterazioni della circolazione potenzialmente letali).

La diagnosi generalmente viene fatta mediante un’ecografia addominale, ma a volte può essere necessario richiedere una TC o una RMN, per programmare con precisione l’intervento chirurgico necessario.

La terapia prevede la rimozione della milza con resezione dell’aneurisma e, al bisogno, la resezione della coda del pancreas (dato il rapporto stretto della milza con la parte terminale del pancreas e la loro vascolarizzazione condivisa).

 

LESIONI TRAUMATICHE

La milza, come gli altri organi, può andare incontro a traumi che possono essere singoli o accompagnati dal coinvolgimento di altri organi addominali. Il traumatismo può inoltre variare di intensità e può comportare una semplice lacerazione oppure la completa rottura dell’organo.

 La sintomatologia, in questi casi, dipende dalla gravità delle lesioni ma, generalmente, i sintomi, pur variando in intensità, sono gli stessi: dolore addominale (riferito soprattutto in ipocondrio e fianco sinistro), emoperitoneo (ovvero il sanguinamento all’interno del peritoneo, il “sacco” che contiene gli organi addominali), e shock ipovolemico (ipotensione, tachicardia, pallore, sudorazione e oliguria).

La diagnosi viene fatta in pronto soccorso e di solito è sufficiente una ecografia addominale che consente di individuare il sanguinamento, la sua fonte e la sua entità. Gli esami di secondo livello, la TC e la RMN, possono dare indicazioni più precise, soprattutto in previsione dell’intervento chirurgico.

La terapia in tutti questi casi è chirurgica; anche se nei traumi minori si può tentare un trattamento conservativo, nella maggior parte dei casi si procede con la splenectomia totale.

 

ANOMALIE CONGENITE

La milza, come gli altri organi, può presentare anomalie di formazione fin dalla nascita. Queste si distinguono in anomalie di forma (come la milza lobulata), di posizione (la milza ptosica) o di numero (milza accessoria). Inoltre, la milza può anche non essere presente, condizione nota come asplenia.

Generalmente queste anomalie non sono sintomatiche, tuttavia, soprattutto nelle anomalie di posizione come la milza ptosica (una milza che si trova in posizione diversa dal normale, generalmente più in basso, al fianco sinistro) si può manifestare dolore addominale, dovuto alla compressione della milza anomala sugli altri organi addominali, o si può arrivare alla torsione dell’asse vascolare dell’organo e alla sua ischemia.

La diagnosi in questi casi è di solito casuale mediante un’ecografia addominale fatta per controllo o per altri motivi.

In caso di assenza di sintomi, non c’è necessità di trattamento alcuno; in caso di sintomi invece, è indicata l’intervento di splenectomia.

 

NEOPLASIE BENIGNE

La milza può essere sede, come gli altri organi, di tumori benigni. Questi prendono nomi diversi a secondo del tessuto da cui hanno origine: l’emangioma, che origina come proliferazione e malformazione dai vasi sanguigni, il linfangioma, che origina dai vasi linfatici, e l’amartoma, che origina come conseguenza della proliferazione di tessuti embrionari che, in maniera anomala, sono rimasti all’interno dell’organo.

Queste lesioni, di solito, si riscontrano casualmente durante l’infanzia e sono asintomatiche per lo più; tuttavia, possono crescere rapidamente e dare sintomi compressivi a carico degli altri organi, dolore addominale e possono portare anche alla rottura della milza (a seguito di traumi anche modesti). In rarissimi casi, inoltre, alcuni di questi tumori, come il linfangioma, possono avere un’evoluzione maligna.

La diagnosi, come per le anomalie congenite della milza, è casuale (se la lesione è asintomatica) oppure (in presenza di sintomi) conseguenza di una valutazione clinico-strumentale. L’ecografia addominale rappresenta, come in tutte le patologie della milza, l’indagine di prima linea.

La terapia ottimale, il gold standard, è come sempre l’intervento chirurgico di splenectomia.