Duodeno-cefalo pancreasectomia

Duodeno-cefalo pancreasectomia

Oltre il 70% delle neoplasie pancreatiche sono localizzate tra vena porta e duodeno e possono essere, quindi, asportate mediante una resezione cefalopancreatico-duodenale.

L’esplorazione chirurgica, condotta attraverso una incisione sottocostale destra, successivamente estesa a sinistra, deve inizialmente escludere la presenza di metastasi epatiche e/o peritoneali. Viene, quindi, eseguito un lavaggio peritoneale dell’area sottoepatica per l’esame citologico. L’esplorazione del pancreas e del tumore, per valutarne la resecabilità, viene effettuata attraverso un’ampia manovra di Kocher con mobilizzazione della C duodenale fino al legamento di Treitz. Si esplora, quindi, il tratto retropancreatico in corrispondenza del collo, al davanti della vena porta, per escludere infiltrazioni vascolari. La testa del pancreas comprendente il tumore viene asportata insieme al duodeno, alla colecisti, al coledoco ed alla parte distale dello stomaco (nelle ricostruzioni secondo Whipple). 
La tecnica ricostruttiva con mantenimento della funzione pilorica prevede la conservazione dello stomaco (secondo la tecnica di Traverso-Longmire). Queste due tecniche ricostruttive danno analoghe garanzie di radicalità oncologica ma la tecnica della conservazione dello stomaco, pur essendo associata nelle osservazioni a distanza a minori disturbi dell’assorbimento, è condizionata dal rischio del prolungamento dei tempi di svuotamento gastrico soprattutto nelle prime settimane del periodo postoperatorio. La scelta della tecnica ricostruttiva da impiegare, di fatto, è sostanzialmente legata alle preferenze dell’operatore.

Complicanze
Le principali complicanze tecniche postresezione sono la fistola pancreatica con deiscenza dell’anastomosi pancreaticodigiunale, la deiscenza dell’anastomosi epatico-digiunale con ascesso biliare sottoepatico, l’emoperitoneo (spesso conseguente alla fistola pancreatica) e l’enterorragia da perdita ematica a livello delle anastomosi intestinali o da ulcera marginale. Tutte queste complicanze possono essere trattate con metodiche proprie della radiologia interventistica (drenaggi percutanei di raccolte intra-addominali, embolizzazione di arterie periferiche per il controllo dell’emorragia) o con reintervento chirurgico. In particolare, in caso di deiscenza pancreatico-digiunale con emoperitoneo, l’intervento di scelta è l’affondamento dell’ansa digiunale e la chiusura del dotto pancreatico dopo asportazione di tutta l’area anastomotica. In effetti, la chiusura del dotto a livello del moncone pancreatico residuo, senza anastomosi intestinale, è una soluzione adottata anche in alternativa alla anastomosi pancreatico-digiunale nei casi in cui l’anastomosi stessa venga considerata a rischio di stabilità e quindi di complicanze postoperatorie (pancreas di consistenza normale con dotto pancreatico di calibro piccolo).